domenica 19 maggio 2019

Primavera: nostalgia di San Siro


La pioggia di questi giorni ha spazzato via l'aria di primavera. Giovedì sera però il cielo era azzurro ed il profumo era quello tipico del mese della Madonna. Verso le 19.30 mi stavo avvicinando a Lampugnano e come ad un tratto sono stato rimandato indietro nel tempo. L'ora era quella giusta per arrivare a San Siro. Focaccia e Coca, le sgambature, i ritiri, le prime quote, i cambi di guida, le voci di radio pista, gli amici che arrivano sparpagliati, le dritte, le storte.
Il cronometro dimenticato in macchina nel parcheggio interno, la scala mobile che non funziona, l'odore dei cavalli quando passi a fianco delle scuderie, Siviero che ha sempre da dirti che hanno abbattuto o si è stroncato qualcuno che poi dopo qualche riunione te li ritrovi sempre tutti in pista. Tra parcheggio e biglietto d'ingresso sei già sotto di 15.000.

Il fumo della sala corse, la prima di Tor di Valle che inizia sempre alle 20.30, giusto il tempo per scaldarsi e quelli del galoppo che urlano per un 1000 in pista dritta ad Agnano dove si inizia alle 20.00. La prima di San Siro che se non è una GD la devi giocare per forza perché chi ben comincia è a buon punto e se non prendi inizi già a farti tentare da una reclamare che avevi giurato non avresti nemmeno guardato perché il migliore di tutti vince 200.000 lire in carriera. 

Il cielo che diventa scuro prima della terza e la notte che si consuma in un mondo che fuori da quelle mura siamo tutti più piccoli. Un gelato o un chinotto. Il centrale, la settima e poi il deserto della nostra amata ottava corsa, quella che non c'è più nessuno perché stirati e in tram verso casa a meditare con lo Sportsman in mano sulle corse del giorno dopo e sui milanesi in trasferta a Padova o Bologna. Il parcheggio svuotato, le discussioni e le bestemmie che arrivano dalle scuderie dopo l'ultima corsa. Le luci si spengono. Il senso di svolta a uscire dal tunnel che sembra cambiare ogni volta come lo decidessero a testa o croce e ancora parcheggiata sulla salita qualche macchina dei furbi che la lasciano lì per non pagare il parcheggio. 

E' stato così per una vita. Oggi, di tutto questo, non è rimasto più nulla. Stronzi.